Una content strategy efficace per il tuo blog parte dall’analisi del customer journey

Una strategia di comunicazione efficace per un blog è quella che tiene conto del customer journey, per supportare il potenziale cliente in ogni sua fase.

Il blog è un ottimo strumento di marketing e in quanto tale va a braccetto con tutte le strategie di marketing messe in atto dalla tua azienda per proporre sul mercato i suoi prodotti o servizi.

Ecco perchè va assolutamente adottato per dare un boost al tuo business, attrarre potenziali clienti e fare in modo che essi acquistino.

Customer journey: le varie fasi

Il customer journey serve per mappare tutti i passi che il tuo potenziale cliente fa, dal momento in cui ti conosce fino alla fase della post vendita. Quindi se vuoi davvero creare una content strategy efficace per il tuo blog, devi puntare proprio al customer journey, realizzando post per ogni step di questo viaggio.

Primo step: awareness. Il cliente fa la tua conoscenenza.

Lo stadio dell’ awareness è quella fase delicatissima in cui il potenziale cliente che si è messo alla ricerca di un prodotto come quelli che vendi tu, entra in contatto con la tua azienda.

Secondo step: consideration. Il cliente decide se fai o non fai al caso suo.

Il gioco allo stadio della consideration inizia a farsi ancora più duro. È in questa fase che il tuo potenziale cliente decide se procedere con l’acquisto o desistere e andare via.

Terzo step: purchase. Il cliente acquista.

In questo stadio hai superato due livelli importantissimi, e ora il tuo potenziale cliente ha deciso di acquistare il tuo prodotto. Affinchè il tanto atteso evento dell’acquisto avvenga, devi accertarti che tutto funzioni.

Quarto step: post purchase. Il cliente non va abbandonato dopo l’acquisto.

Il quarto step non è da meno degli altri tre, anzi serve a mantenere un rapporto stretto tra te e il cliente. Aiutalo se ne ha bisogno, aggiornalo con nuovi prodotti simili o correlati al suo precedente acquisto, premialo per aver acquistato da te.

Questo è il customer journey riassunto in breve. Una volta capito come si muove il cliente quando interagisce con la tua azienda, puoi mettere in atto una content strategy per il tuo blog a supporto di questa interazione tra azienda e cliente.

Sei pronto quindi per il prossimo step: creazione di una content strategy efficace per il tuo blog.

I copy alle prime armi cosa chiedono ai copy esperti?

Ho fatto un gjro su fb e ho analizzato le domanda da parte di aspiranti copy dirette ai copy senior.

Ecco quelle più ricorrenti:

1. Quali corsi posso seguire?

2. Trovare lavoro come dipendente da copywriter è possibile? E si riesce a farsi pagare bene?

3. Copy alle prime armi e ricerca di un copywriter senior per lavorare in deroga: è questa la strada giusta per farsi strada nel mondo del copywriting?

Quali risposte daresti, quali avresti voluto tu quando hai iniziato?

Scrivilo nei commenti 👇

Siamo nell’era azienda vs cliente

È una lotta a denti stretti quella che viviamo oggi, tra azienda e cliente. Altro che Clienti al centro come recitava il famoso libro di Harley Manning e Kerry Bodin, i clienti oggi sono al centro di un ring, in cui devono difendersi da soli da servizi erogati in modo sommario e poco chiaro. Empatia? Chi è questa sconosciuta? È una nuova pietanza di una qualche astrusa dieta simil chetogenica? Comunicazione? Non pervenuta. Ed è sempre colpa del cliente che non ha capito, non ha eseguito alla lettera, non ha chiesto, non si è informato. Difficile non sentirsi un criceto nella ruota che corre corre, nella vana speranza di avere almeno la metà del servizio promesso in uno dei tanti slogan sparati a raffica su locandine sparse per la città, sui siti web e sui canali social. Bisogna cercare, valutare bene un’ azienda prima di affidarsi. Perchè anche l’azienda deve essere in target con le proprie aspettative. Guai a farsi guidare nella scelta dall’ idea dell’ economico e del comodo. Purtroppo molto raramente coincidono con esperienza soddisfacente.

Hey azienda ma che ti è successo? Dove è finita la migliore customer experience che volevi offrire? Abbandonata da qualche parte cosi come quel costosissimo software che hai acquistato per fare user research, profilare e targettizzare?

Troppi clienti da gestire, troppe urgenze, troppo tutto e allora cosa succede? Boom! Esplode tutto, imprenditore e azienda. Perchè il salto di qualità non avviene e ti ritrovi a gestire i soliti clienti a cui basta il servizio basic, ma quelli che ti darebbero vetamente soddisfszione non si avvicinano nemmeno, e se li intravedi, poi desistono.

E allora forse non è il caso di rispolverare quell’idea iniziale, quel software costoso ed iniziare ad educare i tuoi dipendenti ad utilizzarlo? Educare la tua azienda (te stesso e gli altri) all’ascolto del cliente?

Non tralasciare dati che ti dicono i clienti cosa cercano e quali soluzioni tu puoi offrire loro. Non è tempo perso ma è tempo investito. Bene.

Il pericolo di utilizzare modi di dire e frasi fatte in un romanzo

Correre più veloce della luce, imprecare come il peggiore dei camionisti, chi si accontenta gode, fare un’eccezione, buttarsi a capofitto: queste sono le frasi che ho letto nelle primissime righe di un libro. Ad un certo punto la mia attenzione è andata scemando, infastidita dalla compresenza di modi di dire e frasi fatte. Il testo ha preso una rincorsa verso la banalità penalizzando una tematica quella amorosa, che già di per sé, appare stantia e abusata.

Mi è dispiaciuto per l’autore, perché da scrittrice so benissimo quanto sia difficile scrivere un romanzo. Ma mi sono anche detta che se proprio aveva piacere di utilizzare dei modi di dire almeno li poteva spargere per tutto il testo, dosare in maniera sapiente.

L’effetto di leggere tante frasi fatte tutte insieme è davvero controproducente. E’ sinonimo di mancanza di proprietà di linguaggio. Le parole utilizzate sono quelle attraverso cui interpreta il mondo che lo circonda. Più sono scontate maggiore sarà la sua povertà di immaginazione. Quali storie inventate potrà mai partorire una mente che decodifica l’ambiente circostante con così pochi strumenti?

L’utilizzo di frasi e parole scontate trasmette a chi legge sciatteria, mancanza di accuratezza nella descrizione di personaggi, oggetti, paesaggi ed emozioni. Presentare l’animo di un essere umano non è per nulla facile, implica una capacità di introspezione nonché la padronanza di strumenti linguistici capaci di rappresentare in maniera certosina l’universo interiore dell’essere umano.

Come evitare di creare personaggi scontati per il tuo primo libro

Questo è un consiglio che do per prima a me stessa, in quanto scrittrice esordiente, ovvero l’estrema cura nel costruire il carattere del/della proprio/a protagonista. I nostri scritti, inutile negarlo, sono anche il risultato di quello che leggiamo. Quindi può capitare, soprattutto all’inizio di creare dei personaggi che somiglino molto ad altri già letti, o a quegli archetipi che fanno parte della tradizione narrativa.

Cosa puoi fare allora? Va benissimo se vuoi raccontare dell’eroe canonico, lo rappresenti ovviamente forte, con dei superpoteri, generoso, con l’unica missione di salvare l’umanità. Va tutto bene. Ciò che occorre però per rendere interessante il tuo protagonista, è quello di inserire un ingrediente personale in quella ricetta, tramandatati dai tuoi avi fino ad oggi. Qual è quest’ingrediente?

È tuo personale, può essere il tuo stile, il contesto in cui collochi il protagonista, una componente caratteriale che stride con la struttura da eroe. A te la scelta. Non avere paura di sperimentare. Ricorda che a volte i migliori piatti sono risultato di errori. Non avere paura di sbagliare.

Orlando e le sue esperienze in agenzia, mille avventure prima di trovare quella giusta

Orlando, il protagonista del mio libro, ‘Orlando e il mercato delle parole scontate’, è un’aspirante copy alle prese con le prime esperienze in agenzie di comunicazione.

Le prime volte che interagisce con quel mondo gli sembra tutto molto strano perché l’idea che si è fatto dell’agenzia pubblicitaria, è frutto dei libri studiati sul copywriting. Scopre così di avere idee un po’ obsolete sull’ambiente che lo circonda: la coppia creativa composta dal copy e l’art director, ad esempio, esiste solo in alcune agenzie che producono spot televisivi di fama nazionale. Così come le procedure a cui è tanto legato sembra che siano conosciute e applicate solo da pochi.

Lui per fortuna ha uno spirito guida che gli fa capire con poche frasi, a volte non proprio chiarissime, quale agenzia merita la sua attenzione e quale va scartata subito.

Per noi comuni mortali la situazione è diversa, non abbiamo fantasmi a cui poter chiedere consigli. È la nostra esperienza che fa la differenza e trasforma quelli che sono passi incerti all’inizio in una direzione precisa da intraprendere, in una vera e propriaissione.

Il mercato delle parole scontate

Quando inizi a scrivere per comunicare prodotti e aziende, tuo malgrado, ti imbatti in una marea di parole scontate e commetti inevitabilmente l’errore di utilizzarle fino a che, un giorno, l’esperienza ti fa sentire più sicuro di te stesso e allora le abbandoni del tutto.

Ribadisco che si tratta di un percorso inevitabile, una sorta di rito di iniziazione per entrare nel mondo del content marketing. Quelle parole ti fanno sentire parte di un gruppo e quindi soprattutto all’inizio ti senti bene ad utilizzarle.

Poi passa il tempo, aumenta l’esperienza e quelle parole a cui eri tanto affezionato ti fanno sentire ingabbiato. Ti rendi conto che non sono del tutto efficaci come ti hanno voluto far credere in precedenza. Ora che ti senti più pronto e consapevole puoi utilizzare altre parole, concederti il lusso di sceglierle, fino a spingerti a crearne di nuove.

In questo modo scrivere non ti sembra più un gioco arido, ma uno strumento prezioso nelle tue mani da gestire con estrema cura e attenzione.

Orlando, il protagonista del mio libro, ‘Orlando e il mercato delle parole scontate’, ha la fortuna di essere istruito da uno spirito guida che gli fa toccare con mano, fin da subito, quanto possa essere deleterio il mercato delle parole scontate.

Noi comuni mortali non abbiamo fantasmi guida ad aiutarci ma possiamo evolverci e utilizzare le parole non come semplici tasselli di un puzzle ma come portatori di significato e valore.

Ho aggiornato la mia pagina di presentazione. Dovevo farlo.

In questo periodo sto apportando un po’ di cambiamenti al blog. Innanzitutto era d’obbligo aggiungere una pagina dedicata al mio libro “Orlando e il mercato delle parole scontate” e le ho dato un nome carico di speranze “I miei libri”, perché l’intenzione è quella di scriverne altri.

Da lì ho fatto una capatina alle altre due pagine e in quella “Mi presento”, sono rimasta un po’ basita da quello che ho letto. Innanzitutto mi sembrava la presentazione di una persona che vive nel passato, un po’ vintage.

La seconda impressione era quella di una persona che aveva paura di mostrarsi per quello che è. Mi sono chiesta: ” Ma un lettore che approda su questa pagina, a parte la passione per la scrittura, citata una ventina di volte, capisce che lavoro come blogger dal 2008?”

Non era scritto da nessuna parte, dicevo che questo blog, nonholalicenzaperscrivere.com, era un blog di sperimentazione. Ma che sperimentazione e sperimentazione, ogni singolo articolo, anche quello più banale, è frutto di studio ed esperienza.

Ho deciso allora di riscrivere tutta la pagina. In modo semplice e conciso ho spiegato chi sono, cosa faccio e da da quando tempo lo faccio. That’s it.

Vi auguro una splendida giornata.😀

Se vuoi arricchire il tuo vocabolario, scrivi!

Quando ho iniziato a scrivere “Orlando e il mercato delle parole scontate“, ho dovuto fare i conti con il mio vocabolario. E questo, intendo la scrittura, credetemi, è il modo migliore per poter arricchire e scoprire nuove parole. Quando raccontiamo una storia, un episodio o noi stessi abbiamo due scelte: eliminare tutto ciò che ci è difficile spiegare per mancanza di termini con cui descrivere quella determinata sensazione, quel determinato oggetto, oppure sforzarci di apprendere nuovi termini per dare vita a racconti che altrimenti saremmo stati costretti ad omettere.

È vero che tale processo avviene anche attraverso la lettura, ma è la pratica la maestra di vita. Quando scriviamo dobbiamo essere il più precisi possibile se vogliamo dare al nostro lettore modo di capire cosa sta succedendo ai personaggi del nostro libro, dove si trovano, cosa vedono, cosa sentono. Se raccontiamo utilizzando termini troppo generici, ci limitiamo a mostrare uno schizzo, il che va bene come anteprima. Ma poi dobbiamo zoomare l’ambiente dove si trova il nostro protagonista, la sua anima, dobbiamo trasformare quello che era un semplice schizzo in un quadro vero e proprio e in quel quadro posizionare anche il lettore, la distanza a cui vogliamo tenerlo, se vogliamo renderlo semplice spettatore o farlo diventare parte integrante di quel quadro.

Se nello schizzo possiamo limitarci a dire che ci sono degli alberi, quando elaboriamo il quadro dobbiamo specificare se si tratta di un pino, di un frassino ecc… Dobbiamo scavare fino a raschiare per essere sicuri di aver fatto tutto ciò che era in nostro potere e conoscenza per dire ciò che intendevamo raccontare.

Dobbiamo accompagnare attraverso le nostre parole il lettore in un universo che seppur nitido nella nostra mente non è detto che quando lo narriamo, lo sia altrettanto per gli altri.

Nella mia mente so che il mio protagonista è alla prese con uno specifico stato d’animo, ma non so descriverlo, sento insieme a lui, ma non sono capace di renderlo a parole. Da questo nasce l’esigenza di scoprire nuovi vocaboli per rappresentare quella realtà nel modo più esatto possibile.

Non omettiamo ciò che non sappiamo narrare, sforziamoci ad imparare nuovi termini, arricchiamo le nostre anime di nuovi significati.

La sensibilità e la scrittura

Per ogni mestiere afferente alla scrittura c’è una procedura ben precisa da seguire. Sei un blogger e prima di mettere nero su bianco devi tenere conto delle parole chiave, immaginare il tuo post diviso in sezioni, con una parte introduttiva in cui spieghi il contenuto principale, una parte centrale dove approfondisci e una parte finale in cui concludi. Ecco quindi che ti ritrovi a seguire uno schema ben preciso, da cui non scappi.

Ogni testo scritto per un sito web, per un’email, per un blog ha delle regole da rispettare.

Se poi sei uno scrittore e il testo che vuoi scrivere è un romanzo, allora le regole da seguire sono più o meno queste: prima di mettere nero su bianco hai bisogno di creare una serie di schede in cui parli della trama, di ogni singolo personaggio, delle azioni principali e via discorrendo.

Tutto questo è come se costruissi una piccola o grande casa di cui definisci ogni piccolo dettaglio. Ed è affascinante per alcune categorie di persone. Sottolineo la parola “persona”, perché prima della professione viene la persona e ci sono persone che hanno bisogno di schemi e procedure perché così sanno gestire il proprio lavoro con più facilità; e persone che hanno difficoltà a realizzare un progetto scritto affidandosi a queste regole.

Il giusto compromesso è quello di studiare schemi, procedure e regole per poi sfruttarle per rendere al meglio un proprio scritto e non diventarne succubi, con il rischio di sentirsi ingabbiati.

Molto del nostro modo di scrivere dipende dalla sensibilità. Ed è una scoperta che ho fatto da poco. Le persone con una spiccata sensibilità non hanno molta dimestichezza con le schematizzazioni, perché hanno una visione d’insieme tale che, quando iniziano a scrivere sanno già dove vogliono andare a parare, senza dover ricorrere a strumenti esterni.

Attenzione non sto esprimendo un giudizio su quale delle due modalità di scrittura sia quella giusta. Come al solito la cosa importante è che funzioni. Non sto nemmeno sposando la tesi che si possono ignorare regole e le procedure, ma sto solo dando una pacca di conforto sulla spalla a chi, come me, non ci si trova proprio a scrivere seguendo schemi preimpostati.

Se si ha la visione d’insieme e istintivamente si sa dove andare a parare, beh allora si può provare a realizzare un progetto scritto e non semtirsi da meno rispetto agli altri.

Molto dipende dalla sensibilità, che ci induce a ragionare con la pancia, per cui quando quest’ultima si mette in moto, siamo sicuri che stiamo creando qualcosa di buono. Le persone con una spiccata sensibilità hanno come strumenti l’istinto e l’estrema reattività al mondo che le circonda. E quando qualcosa mette in moto questi fattori non c’è schema che tenga. Perché scatterà in loro qualcosa che le spingerà a scavare fino a quando non saranno del tutto appagate, a leggere più libri contemporaneamente pur di essere padrone dell’argomento. E solo allora produrranno il loro testo, sicure di aver fatto del loro meglio.

Sono secchione in un modo quasi ossessivo compulsivo, seguono uno schema bulimico, incamerano quante più informazioni possono su un determinato argomento, per poi rigettarle sotto forma di uno scritto personalissimo, perché tutto ciò che hanno appreso, lo hanno interiorizzato.

È un metodo un po’ strong ma non conoscono le mezze misure e non sono per le cose semplici. Devono fare i conti con il loro senso di inadeguatezza costante e per questo sono sempre in continua sfida con loro stessi, per produrre qualcosa di elevato.